Dicono di noi

“Buongiorno Istituto Bergalucci, chi è?”

Offida e dintorni

La voce professionale al di là del citofono è di Francesco; Francesco non è un signore che lavora nell'Istituto, lui qui ci vive, è la sua casa e come tutti i buoni padroni di casa mi accoglie sorridendo all'ingresso. Nemmeno il tempo di salutarlo e sento la voce, ormai familiare, di Pina, è lei che sarà la mia Beatrice in questo Paese delle Meraviglie che è l'Istituto Bergalucci.

La vedo, ha il viso stanco ma felice, di chi ama ciò che fa.

Non ci nemmeno sediamo, qui non si sta fermi un attimo, qui si ha quasi fretta di vivere. Questa voglia di vivere e di fare si percepisce in maniera tanto forte che ti interroghi dove abbiamo smarrito questo entusiasmo per la vita. Mi inizia a parlare, conferma le mie iniziali impressioni, davanti a me un calendario fitto di impegni, fitto di cose belle.
A Gennaio: la festa della Befana, a Febbraio: il Carnevale, a Maggio: la festa di Primavera, durante l'estate: le gite, la colonia. A settembre c'è l'uscita a Loreto, a Novembre la Festa di San Martino e a Dicembre non può mancare la Festa di Natale. La guardo visivamente stupito, lei lo capisce e mi fa: “Anche io prima di venire qui, a lavorare, pensavo che il Bergalucci fosse un luogo triste, cupo; invece venendo qui, ho scoperto un mondo nuovo, ho aperto gli occhi e come me tante persone che prima non avevano mai varcato la soglia dell'Istituto, dopo averlo fatto hanno avuto la mia stessa reazione, il mio stesso stupore”.
Poi mi descrive a memoria e con una certa soddisfazione tutte le attività quotidiane, dai lavori manuali e creativi, alla lettura dei libri, dalle serate al cinema, in pizzeria ai pomeriggi di ballo.
E mentre dice ciò mi sorge spontanea una domanda, una domanda quasi banale: “Ma perché fate tutto questo?” Lei sorride di nuovo, ed io capisco di aver toccato il cuore di tutto.
“Questo per me, per noi, non è solo un lavoro, negli anni l'Istituto è diventato una famiglia. Tutto ciò, con gli annessi sforzi, lo facciamo per la crescita dei ragazzi dell'Istituto e per la nostra. Con queste attività vogliamo fare aumentare la loro autostima, la loro fiducia in se stessi, migliorare alcune abilità sociali, e non ultimo vederli felice”.
Il tempo dell'intervista sta per scadere, il lavoro da fare è tanto. La ringrazio, e mentre sto per uscire le faccio un'ultima domanda: “Se dovessi esprimere un desiderio?”
“Vorrei che ancora più persone vengano a scoprire la bellezza di questi ragazzi e ragazze, e che possano sperimentare quanto può essere semplice renderli felici ed essere felici a propria volta. Le nostre porte sono sempre aperte a chi vuole dare una mano a me e a Claudia nelle feste o nelle attività, e divertirci insieme. I ragazzi non vedono l'ora di incontrare nuove persone”
Saluto Pina con un abbraccio, mi avviò all'uscita, incontro di nuovo Francesco, lui mi saluta e io gli faccio: “Fra, presto sarai famoso”. Lui mi fa “Come?” Ed io: “Andrai sul giornale!”. Gli si illuminano gli occhi e sorride beato.
Vedete basta così poco per essere felici.

di Paride Petrocchi